Wednesday, December 21, 2016

La mia intervista su Vanity Fair


http://www.vanityfair.it/news/storie/16/12/14/gravidanza-parto-casa-storia-chiara

Per Chiara, 40 anni, scegliere di partorire suo figlio Edoardo in casa è stato naturale. Una decisione che ha preso durante il corso preparto, quando l'ostetrica che l'ha seguita per tutta la gravidanza, ha paragonato il momento del parto a un atto sessuale.


«"Vi piacerebbe che ci fossero persone a guardarvi?" ci ha chiesto - racconta Chiara-. Da quel momento ho iniziato a riflettere, mi piaceva l'idea di poter essere tranquilla nella mia casa, con la mia musica, i miei affetti. Soprattutto mi rasserenava l'idea di poter avere tutto il tempo necessario a me e al mio bambino».

Il suo compagno e l'intera famiglia, non si sono opposti, come spesso invece accade. «Ero in difficoltà a parlarne con le amiche, sapevo che sarebbero state contrarie. Si sta quasi demonizzando il parto in casa, a me invece faceva molta più paura essere a conoscenza di tante storie di violenza in sala parto. Di rischiare di essere costretta a fare cose che non volevo, subire continui monitoraggi».

In Italia, nel 2015, sono nati circa 500 bambini in casa, una percentuale molto bassa rispetto al totale dei neonati (lo 0,1 %) ma sono sempre di più le donne che scelgono di essere assistite solo da un'ostetrica e rifiutano le strutture ospedaliere. Per questo motivo la Società Italiana di Neonatologia ribadisce: «non andare in ospedale mette a rischio la salute del bambino e della mamma».

«Certamente devono esserci le condizioni per scegliere questo tipo di parto, ovvero una gravidanza serena e senza complicazioni ma anche un'abitazione non troppo distante da un ospedale». E' necessario infatti comunicare all'Asl della propria città che il parto avverrà in casa, «nel momento in cui il parto ha inizio sono le ostetriche stesse a comunicare alla struttura medica più vicina che il parto sta per avvenire. Così è stato nel mio caso».

Durante il travaglio, Chiara è restata per la maggior parte del tempo da sola, «le ostetriche intervenivano solo nei momenti necessari. Insieme a loro e al mio compagno abbiamo fatto gli esercizi di respirazione, poi ascoltato Battiato. Mi avevano detto di scegliere una stanza in cui volevo che Edoardo nascesse ma alla fine lui è nato in bagno. Non c'è stato tempo di spostarsi. Abbiamo messo dei cuscini e degli asciugamani a terra e mi sono sdraiata».

In casa Chiara aveva preparato un piccolo kit medico con delle garze sterili e il disinfettante, «le ostetriche nei giorni precedenti al parto avevano portato ciò che poteva servire in caso di emergenza».

Non andare in ospedale, significa anche poter decidere delle prime cure e attenzioni da riservare al proprio bambino. Prima di partorire, Chiara aveva chiesto alle ostetriche di tenere suo figlio attaccato al cordone ombelicale più tempo possibile, così come di non fargli il bagnetto immediatamente e nemmeno il lavaggio degli occhi.

«Appena è nato l'ho tenuto accovacciato sul mio petto e, solo dopo qualche ora, il mio compagno ha tagliato il cordone ombelicale. Volevo che Edoardo avesse tutto il tempo necessario per iniziare a respirare da solo». Chiara ha affrontato tutto il parto in maniera molto spirituale, così è riuscita a controllare il dolore, anche quando diventava più forte (e, per la maggior parte delle donne, insopportabile).

«A un certo punto mi sono come alienata, alcuni istanti non li ricordo più. Sono rimasta sorpresa dal momento in cui Edoardo è uscito del tutto. Credevo facesse molto più male. Sono stata felice di poter vivere con i miei tempi il passaggio da donna a madre. In una situazione medicalizzata mi sarei sentita più vulnerabile».

Oltre alla paura del fattore imprevisto e della conoscenza limitata che si ha di questo tipo di parto, uno dei deterrenti è il suo costo, abbastanza proibitivo. Solo alcune Regioni, in parte, lo rimborsano. «Io ho pagato circa 3mila euro - racconta Chiara - ma sono fortunata perché la Regione Lazio restituisce 1/3 del totale, quindi ho recuperato subito una parte della spesa».

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